" Le reliquie sono povere ossa umane ma appartengono a persone visitate dalla potenza di Dio. E a questa potenza abbiamo rinnovato il nostro affidamento ". - Papa Benedetto XVI -
Il Reliquiario porta teca contenente le reliquie dei Beati Luigi e Zelia Martin è stato pensato partendo da una studio degli scritti e dei disegni propri delle figlie dei coniugi Martin, in modo particolare di Teresa, ultimo frutto di questi “incomparabili genitori”. È stato voluto per essere esposto nella Cappella della Divina Misericordia della Residenza sanitaria di Villa dei Cedri a Merate. Il reliquiario oltre a ricordare il passaggio dell’Urna dei Beati Luigi e Zelia, proprio in questa struttura il vuole essere un richiamo per tutti coloro che devono affrontare le ultime prove della vita. I Beati offrono un loro luminoso esempio di vita cristiano accolta in spirito di evangelica obbedienza.
L’autore, Stefano Borin, nato a Peschiera del Garda (Verona) nel 1967, discende da una famiglia di scultori, pittori e decoratori che gli ha trasmesso l’amore e la dedizione per le arti fini e per i valori spirituali di cui sono portatrici attraverso un’espressione estetica di pregio e ricercata, mai fine a sé stessa. Per leggere opportunamente il reliquiario, occorre però fare un salto nel tempo ed entrare tra le mura del Monastero delle Carmelitane Scalze di Lisieux, dove quattro delle cinque figlie Martin entrarono come religiose, un’altra, Leonia, si fece monaca visitandina a Caen. In monastero la figlia Paolina divenuta suor Agnese di Gesù, dipinse un’immaginetta che offrì alla sorella Celina in occasione del suo ventunesimo compleanno. Essa raffigurava il Volto Santo di Gesù circondato da gigli. Teresa la vide e, indirizzandosi anche lei alla sorella Celina il 27 aprile 1890, scrive: “Guardando l’immagine del Volto Santo mi sono venute le lacrime agli occhi, non è il simbolo della nostra famiglia? Sì, la nostra famiglia è uno stelo di gigli e il Giglio senza nome risiede nel mezzo, vi risiede da re e ci fa condividere con lui gli onori della sua regalità, il suo sangue divino imporpora le nostre corolle e le sue spine, ferendoci, lasciano esalare il profumo del nostro amore” LT 102. La famiglia è un ramo di gigli i cui fiori (i figli) sono vergini, sia i bambini morti in tenera età, sia le cinque figlie consacrate o sul punto di divenirlo: “La nostra famiglia non è forse una famiglia verginale, una famiglia di gigli?” - scrive ancora Teresa -, all’inizio di maggio del 1895, rispondendo a suor Agnese. Le parole a suor Agnese ci offrono una spiegazione importante di come Teresa vede la sua famiglia: “Che gioia per il nostro cuore pensare che la nostra piccola famiglia ama così teneramente Gesù! È sempre questa la mia consolazione… Chiedi a Gesù che il più piccolo, l’ultimo non sia l’ultimo ad amare con tutta la sua capacità d’amare!” LT 104. Dopo la morte del papà (1894), Teresa, riprese il medesimo motivo dell’immaginetta di suor Agnese mettendoci del suo e, su un paramento liturgico (una pianeta) confezionato con la stoffa appartenuta ad un vestito della mamma, vi dipinse l’allegoria della sua famiglia. In questo dipinto Teresa lascia trasparire non solo il suo amore per la famiglia in cui è nata, ma indica come lei ha guardato ai suoi genitori e ha capito la loro vicenda umana e cristiana. “Dio mi ha fatto nascere in una terra santa dal profumo verginale”e questa terra è suo padre e sua madre raffigurati come due rose bianche, abbracciate l’una all’altra e quasi strette attorno al gambo del giglio-croce, come per sostenersi, appoggiarsi e affrontare unite la vita; esse rappresentano prima Louis e Zélie, il loro amore come coppia e poi come genitori. Due rose più degne di Dio che della terra. Dalla loro unione benedetta da Dio, sono nati nove figli, i nove gigli. Due rose che hanno generato un unico gambo, quello del giglio, con nove fiori che si schiudono attorno al Volto Santo di Gesù, facendogli da corona. I gigli sbocciati e nel pieno della maturità sono le figlie: Marie, Pauline, Léonie e Céline. Thérèse si raffigura nel giglio seminascosto a sinistra del Volto Santo, mentre i quattro boccioli simboleggiano i quattro fratellini morti in tenera età: Hélène, Joseph-Louis, Joseph-Jean-Baptiste e Melanie-Thérèse. I gigli evocano la vocazione alla verginità abbracciata per amore di Gesù, non solo dalle cinque figlie dei Martin, ma anche dai quattro fratellini morti prematuramente. Hélène aveva cinque anni: è il bocciolo di giglio leggermente aperto. Tutti i figli ricevuti come dono da Dio sono stati così tutti ri-donati a Dio. Zélie e Louis con lo strazio nel cuore hanno offerto i figli più piccoli prematuramente scomparsi. Il papà, rimasto vedovo, offrirà le figlie “come un nuovo Abramo”, quando chiederanno di consacrarsi al Signore. Per i figli, essi hanno sofferto non solo le doglie del parto fisico, ma anche quelle di generare la fede “finché non sia formato Cristo in loro” (Gal 4,19). Veri ministri della vita. Genitori santi che hanno generato, guidato ed educato alla santità. Famiglia come scuola, come luogo di apprendistato e palestra di virtù sull’esempio della casa di Nazareth, la famiglia di Dio. Un altro testo di Teresa ci mostra come il simbolo del giglio sia per lei molto espressivo ed eloquente. Il seguito del testo descrive il cammino terrestre e il destino celeste di Teresa: “Nel Suo amore, ha voluto preservare il piccolo fiore dal soffio avvelenato del mondo. Appena la corolla ha incominciato a schiudersi, il divino Salvatore lo ha trapiantato sulla montagna del Carmelo dove già due Gigli, che l’avevano circondato e dolcemente cullato nella primavera della sua vita, spandevano il loro soave profumo. Sette anni sono trascorsi da quando il piccolo fiore ha messo radici nel giardino dello Sposo delle vergini e ora tre Gigli ondeggiano vicino a Lui le loro corolle profumate (le quattro sorelle sono al Carmelo dal settembre del 1894); un po’ più lontano un altro giglio si apre sotto gli sguardi di Gesù (Leonia, alla Visitazione) e i due steli benedetti che hanno prodotto questi fiori sono ora riuniti per l’eternità nella Patria Celeste… Là hanno ritrovato i quattro Gigli che la terra non aveva visto schiudersi. Gesù si degni di non lasciare a lungo sulla riva straniera i fiori che sono rimasti in esilio; che presto il ramo dei gigli sia completo in Cielo!” Ms A, 4r. Teresa ritorna sulla stessa idea, anche con la sorella Leonia, da poco suor Teresa-Dositea, a cui scrive il 20 agosto 1894: “Penso a te più che mai, da quando il nostro amatissimo Padre è salito al Cielo, e credo proprio che tu provi le nostre stesse impressioni: la morte di Papà non mi fa l'effetto di una morte, ma di una vera vita. Lo ritrovo dopo sei anni di assenza, lo sento intorno a me che mi guarda e mi protegge!… Cara sorellina, non siamo ancora più unite adesso che guardiamo il Cielo per ritrovarvi un Padre e una Madre che ci hanno offerte a Gesù?… Tra poco i loro desideri saranno compiuti e tutti i gigli che il buon Dio ha loro donati saranno uniti per sempre…” LT 170.